#9 | Lifetime stories in the making
Di un inizio in cui ho deciso di tenere il timone degli eventi della mia vita, di sole (e tanto cibo) sardo+siciliano, di buoni propositi in ritardo di diciassette giorni.
Ciao tu!💕
Inizio il 2025 con una sana e buona pratica: ringraziare. Sì, perché per pretendere e ritenere che molte cose ci siano dovute si trova sempre il tempo; per dire grazie, invece, sembra che non sia mai il momento giusto. Grazie perché siete addirittura in venti ventuno a ricevere la “newsletter” e questo va ben oltre le mie aspettative. Grazie perché mi leggete e, soprattutto, perché poi mi scrivete che cosa ne pensate (non tutti, ma va benissimo così) e mi caricate a mille. Soprattutto, grazie perché mi caricate a mille, perché mi spingete a credere in quello che sto facendo sempre un pochettino di più. Alcuni di voi non li conosco personalmente, non so quali siano le vicende che hanno determinato le scelte della loro vita, quale sia il loro colore preferito e se ritengano che sia più buono il panettone o il pandoro. Quel che so è che ci siete e di questo sono immensamente fiera.
Nella “newsletter” #7 ti raccontavo che, nel momento in cui l’anno si conclude, ho un rito tutto mio: scrivere lungo il perimetro di un foglio le domande che voglio che trovino risposta nel corso dell’anno nuovo, metterlo dentro a uno dei miei libri preferiti e poi dimenticarmene. Il 2024 si è chiuso con una piccola rivoluzione da questo punto di vista: date le risposte alle domande formulate per il 2024, non ho impresso sul foglio nemmeno un interrogativo per il 2025🤷🏼♀️. Per quest’anno non voglio pormi domande, voglio solamente agire. Buttarmi, perché alea iacta est, disse Giulio Cesare prima di attraversare il Rubicone, e io il mio personale Rubicone sento di averlo già attraversato da qualche mese. Sono qui di fronte al computer in una bellissima giornata di Gennaio, il sole splende alto nel cielo (più o meno, è pomeriggio) e sto facendo la cosa che amo di più fare: scrivere. Scrivere a voi, scrivere a te, ma scrivere anche un po’ a me (che ne ho sempre e comunque bisogno).
Credo che, per quanto mi riguarda, la tematica più importante di questo 2025 sia una soltanto: prendermi più cura di me stessa. Che voglio dire: non è che non mi prenda cura di me stessa, anzi, credo di essere tra le persone più attente alla cura di sé che conosco, però, ecco, una cosa che il 2024 mi ha insegnato è che non è mai abbastanza da questo punto di vista. C’è sempre quell’azione che potremmo ripetere con più frequenza (fare skin e body care - che non so nemmeno se si può utilizzare questa espressione), quel mezzo litro di acqua che potremmo bere in più durante la giornata (lasciamo perdere), quell’ascolto interiore che bisognerebbe fare tutti i giorni più volte al giorno e via dicendo. Ci metto in mezzo anche il limitare l’alcol solo al venerdì e al sabato.
[Insomma, non fraintendermi, io in verità sono una bambina di sei anni nel corpo di una trentenne, nel senso che l’alcol mi fa schifo non mi piace per niente e lo bevo più che altro per convenzione sociale ma, se domani mi svegliassero dicendomi che tutta la birra è sparita dal mondo, vivrei esattamente come prima (anche perché che schifo anche non mi piace nemmeno la birra).]
Tu dirai “Che razza di fioretto è, se al fin della fiera ti stai togliendo qualcosa che non ti piace?” E io ti risponderò “Infatti non è un fioretto, non credo più di quel tanto nel martirio. È solo che, oltre a fare schifo, oltre a non piacermi, l’alcol non è nemmeno un simpaticone per l’organismo di nessuno, tanto meno per il mio”. Dai Giacinto, non è che ti sto facendo la morale, è che ognuno ha i suoi gusti e, se vuoi bere sapendolo fare, non esiste problema alcuno, stai sereno. A me la birra fa comunque cagare non piace lo stesso e amen, convivo con le prese in giro sul tema da quando avevo sedici anni.
Comunque, dicevamo: buoni propositi. Tra i vari buoni propositi, uno che piacerà un sacco a mia mamma: dire meno parolacce. Mamma me l’ha sempre detto che non è bello che io faccia uscire certe oscenità dalla mia bocca e io per svariati anni un po’ non ho tenuto in considerazione questa cosa, però ha ragione. È bastato mettermi in ascolto dei miei pensieri per farmi prendere uno spavento e immaginarmi tipo scaricatore di porto a Gioia Tauro (senza offesa per gli amici calabresi, che non so nemmeno se mi leggono) e no, non mi ha fatto piacere figurarmi in quelle vesti. Quindi grazie mamma, all’alba dei trent’anni ci sono arrivata ma, soprattutto, grazie per avermelo continuato a ripetere allo sfinimento.
Un applauso per mamma Myriam 👏🏻👏🏻👏🏻
Ma dimmi di te!💌
Com’è stata la tua fine? E com’è stato il tuo inizio?
Buona fine e buon inizio l’ho sentito in Sicilia come augurio per la fine del 2024 e l’inizio del 2025. È un’espressione che non mi è per niente familiare (in Sardegna non si usa, credo). Però, beh, direi che, figuratamente parlando, rende davvero moltissimo. Perché mi sembra di vedere il sole tramontare nel mare (di default per me tutti i tramonti sono sul mare) e sorgere di nuovo dalla terra. Spero che il tuo 2025 sia iniziato con la carica giusta, che ti aiuti a perseguire i tuoi obiettivi e a realizzare tutti i sogni che hai chiuso nel cassetto.
O, come nel mio caso, che hai nascosto sotto il tappeto insieme alla polvere, alle briciole della pizza e agli scheletri che non ci stavano più nell’armadio (però non “scheletri” come se avessi qualcosa da nascondere).
⚠️Che poi, alt⚠️: non iper-responsabilizziamo il 2025, che semplicemente ci sta dicendo che la Terra ha iniziato un nuovo giro intorno al sole e ha concluso quello che aveva cominciato l’anno prima🌍. (Brava signora Terra, complimenti!👏🏻👏🏻👏🏻). Quindi, riformulo il mio augurio in questo modo:
Spero che abbia iniziato il nuovo anno con un mindset pazzesco, che abbia la forza e le possibilità di perseguire il tuo bene (che non necessariamente deve essere compreso e condiviso da chi hai intorno), che voglia evolvere e che, mi permetto di dire, abbia la stessa voglia che ho io di stare appresso all’opinione degli altri: meno di un cazzo nessuna.
Se il sole della Sicilia batte forte sulle tempie☀️
Sì, assolutamente, lo fa. Batte forte sulle tempie, batte forte dentro agli occhi, batte forte sulla pelle e sugli zigomi (se, poi, hai gli zigomi un po’ sporgenti come li ho io, sei finito).
In Sicilia ho fatto principalmente tre cose:
ho mangiato fino a stare male;
mi sono abbronzata mentre bevevo una limonata seduta a un tavolino di fronte alla Fonte Aretusa;
mi sono illusa di essere tornata al sud (e, a volte, di non essere proprio in Italia).
Che vogliamo fare, Regione Sicilia? È a te che devo chiedere i danni per avermi illusa e sedotta?
Avevo sentito parlare di Mal d’Africa, ma non avevo mai pensato che, da almeno sette anni a questa parte, anch’io sono colpita da un mal di qualcosa, che ha sempre a che vedere con una collocazione geografica.
Ho il Mal di Sud.
Giuro. A furia di nebbia e di burro usato in cucina come se fosse olio, a furia di gente incazzata adirata dalle sei del mattino (che cosa sarà mai successo durante la notte per partire già arrabbiati?), a furia di automi che corrono da una parte all’altra e bevono il cappuccino al bar mezzo seduti e mezzo in piedi (che poi: SE NON HAI IL TEMPO DI FARE COLAZIONE AL BAR NON FARLA, CHE STRESSI ANCHE LE PERSONE CHE HAI ATTORNO), mi è venuto il Mal di Sud. Sì, di quella vita talmente lenta da essere estenuante, di quel profumo di salsedine che viene dal mare, di quei signori che camminano per la strada con il giornale sotto braccio, sempre vestiti in giacca e cravatta, di quelle colazioni infinite con di fronte il mare e nessuno che ti fuma la sigaretta in faccia. I miei buoni propositi sono nati esattamente con questo mood: tra il sole della Sardegna e il sole della Sicilia. Tra una colazione fatta al tavolo della cucina con i miei genitori e una consumata da qualche parte insieme a Pietro, pronti a scoprire tutte le bellezze che ci circondavano in quel momento.
Ho salutato il nuovo anno con una consapevolezza diversa, forse perché sono io a essere cambiata, sono io che durante l’ultimo anno sono cresciuta molto. Ho messo dei confini e dei punti fermi ma, allo stesso tempo, ho esteso il mio orizzonte all’infinito, includendo nella mia vita pensieri e azioni che mai avrei pensato di formulare e di mettere in pratica. Mi dico che va benissimo così, che in fondo è una caratteristica della mia esistenza. Fare spazio a tante cose, soprattutto a quelle che non immaginavo potessero far parte del mio quotidiano in alcun modo. Forse è la lezione più importante che ho appreso dal mio passato, ma non so se posso dire così. Però, “questo abbiamo e questo ci teniamo”, come sono solita dirmi nel momento in cui accade qualcosa che non ho la minima voglia di gestire.
In Sicilia sono tornata a vivere quel tempo pieno di puntini di sospensione e di possibilità con cui sono cresciuta. Un tempo che non va in avanti e non va nemmeno indietro, in cui niente cambia per davvero, in cui le città sono statiche, i palazzi sono dei contenitori di anime alla pari degli enormi scatoloni in cui riponevamo i giochi da bambini e in cui, l’unica cosa che davvero muta, sono le generazioni che abitano quegli enormi palazzi-contenitori. So che forse non è un’immagine bella quella che ti sto trasmettendo e hai ragione, sotto certi punti di vista non lo è. Solo che lì ti senti al sicuro.
Lì sembra sempre che ci sia una soluzione, che tutti i sogni si possano realizzare, semplicemente perché nessuno si alza dal letto con l’intento di realizzarli per davvero.
Ecco, sentirmi addosso queste sensazioni antiche, rivivere quell’immobilità del tempo mentre il tempo stesso continua a scorrere, mi ha fatto bene. Perché mi ha aiutata a allontanarmi ancora un po’ dalle logiche che respiro da qualche anno e che, lentamente, hanno lasciato spazio al mio Mal di Sud.
Il Mal di Sud presenta una sintomatologia strana, che non è immediatamente riconoscibile. Per prima cosa, ti fa rendere conto di essere scarico, ti fa notare che hai usato tutte le tue energie per le persone che hai intorno, ma che per te ne sono rimaste ben poche. Io questa cosa in Sicilia l’ho vista chiaramente, perché mi sono scoperta “insensibile” rispetto a cosa potrebbe pensare di me quello o quell’altra. Oddio, non che sia mai stata particolarmente attenta a quello che la gente pensa di me. Ho raggiunto questa consapevolezza quando avevo diciannove anni, un giorno, mentre facevo la doccia. “Tanto, come fai sbagli. A nessuno andrà mai bene per davvero quello che fai, perché quello che fai è molto vicino a quello che sei”. Bon. Da quel momento la mia vita ha preso una direzione completamente diversa, in cui il “penso di te queste cose” è diventato un problema a carico della persona che pensava di me quelle cose (come, peraltro, dovrebbe essere sempre). Di fronte alla Fonte Aretusa, però, mentre sorseggiavo la mia limonata con il sole che mi abbronzava la pelle, la stanchezza per gli altri me la sono sentita tutta sulle spalle. Non so di quanti anni è questa stanchezza, quanto tempo fa ho cominciato a arrotolare il filo che si è lentamente (forse neanche troppo) trasformato in una matassa. Avevo gli occhiali da sole, ma una lacrima è riuscita a corrermi sulle guance lo stesso. Però, ecco, se fosse di gioia o di dolore non lo so dire con certezza. Credo che fosse fatta un po’ di entrambe le cose, né più né meno come la Fonte Aretusa: un misto di acqua dolce e di acqua salata, che consente alla pianta del papiro di crescere e prosperare.
Credo che un altro sintomo del Mal di Sud è l’improvvisa riscoperta delle cose semplici. Cioè, non che nel corso del viaggio te le sia dimenticate o le abbia sottovalutate. Le cose semplici di cui parlo io hanno a che fare con la noia e, più che con la noia fine a se stessa, con la capacità di sapersi annoiare nel modo corretto. Quando ero piccola e mi annoiavo, sentivo sul mio corpicino ogni secondo, ogni minuto, ogni quarto d’ora e ogni ora che passavo a non fare niente, ma niente di niente per davvero. Era una noia bellissima, in cui non riuscivo a pensare a nient’altro, se non al presente che stavo vivendo e a quanto fosse lento lo scorrere del tempo. Quando ho cominciato a lavorare a Milano, un po’ di questo meraviglioso modo di annoiarmi l’ho dimenticato. Ho cominciato a riempire la mia vita di cose che non so quanto senso avesse che ci fossero e, alla fine, le ho rigettate, un po’ come fa il corpo con i batteri e con tutte quelle cose che percepisce come dei grandissimi wtf. Durante il mio viaggio in Sicilia e, prima ancora, durante il periodo delle feste che ho trascorso a casa, invece, ho scoperto che sono ancora perfettamente in grado di annoiarmi come facevo da bambina. Credo che nella noia sia nascosta tanta bellezza. Non so se sia la bellezza “vera” (ammesso che esista), ma sicuramente è una forma di bellezza commovente e delicatissima. Mi ha rimesso su quel giusto binario in cui le cose funzionano in questo modo: tutto, ma proprio tutto, arriva nel momento in cui deve arrivare. Se ciò che vuoi che arrivi è un qualcosa di bellissimo, magari il sogno della tua vita, tutto è lecito: la confusione, il sentirsi schiacciati dalla grandezza di quello che si ha nella testa e nel cuore, l’indecisione, il prendere tempo e anche il perdere tempo. Quindi, perché agitarsi? Perché ritenere di non essere al passo con la tabella di marcia, se la tabella di marcia in questione non esiste? Io mi sono assolta dalla confusione degli ultimi mesi (anni?) mentre camminavo senza una vera e propria meta a Ortigia, mentre leggevo il Silmarillion capendo la metà dei riferimenti che Tolkien ha riportato, mentre mi chiedevo se davvero avessi voglia di cucinare o preferissi saltare il pranzo perché volevo scrivere. Ultimamente è stato tutto un po’ un casino, tutto un po’ veloce, tutto un po’ fuori dalla zona di comfort che mi sono costruita in tanti anni. E va benissimo tutto quello che ne è conseguito: le consapevolezze, l’amarezza nei miei confronti, una buona dose di “perché?”, un po’ di tempo perso a chiedermi se stessi facendo la cosa giusta (in svariati ambiti della mia vita), un altro po’ di tempo preso per capire se fosse veramente quello che volevo e via dicendo. Quello che è davvero cambiato è questo: in questa fase della mia vita scrivo la mattina, scrivo il pomeriggio e, se riesco, scrivo anche la sera. Ho in testa un po’ di progetti e tutti hanno a che fare con la scrittura, con la creatività, con l’arte, con la possibilità di raccontare delle storie agli altri (e anche a me stessa). Stop. Nessun rimpianto per la vita che vivevo prima. Nessuna nostalgia per quella giovane donna che lavorava nell’e-commerce, che pensava che la pausa tra una task e l’altra fosse un sintomo di indolenza, che aiutava tutti, faceva gli straordinari e non chiedeva niente di più rispetto a quello che riceveva. Ho trascorso veramente troppo tempo lontana da ciò che sono veramente e, alla fine, i nodi sono venuti al pettine. E me ne sono accorta proprio così: annoiandomi come facevo quando ero bambina.
Questi due, principalmente, sono i sintomi legati al Mal di Sud che finora ho sperimentato. Giuro che non pensavo che esistesse questo tipo di “male” e tanto meno pensavo che ne avrei mai “sofferto”. In fondo, il sud è quell’area geografica che ho lasciato perché pensavo che non mi desse abbastanza, che non mi aprisse tutte le porte che volevo mi si spalancassero. Invece, adesso che sono diventata grande, il sud è quell’area geografica in cui, ogni volta che ci metto piede, qualcosa dentro di me trova la sua corretta collocazione. Mi fornisce le risposte alle domande che ultimamente mi sono posta. E anche a quelle che non sapevo di dover formulare.
Se io non sono in grado di spiegarvi con esattezza quello che provo, Bad Bunny ci è riuscito perfettamente. Con quest’album, credo, ha messo in musica e trascritto in parole un sentimento che accomuna tutti noi che “veniamo dal sud”. La nostalgia di casa, l’amore per la nostra terra - qualunque sia - e le infinite conversazioni filosofiche fatte sulle sedie in plastica bianca durante l’estate, nelle campagne dei nostri amici o in riva al mare. Sedie che erano un po’ tutto: confessionali, osservatori astronomici, complici di dita che si intrecciavano di nascosto durante le feste, promessa di riposo dopo aver ballato al ritmo di una cassa che gracida come una rana. Un mondo bellissimo, patrimonio intangibile delle nostre esperienze di vita.
Di buoni propositi che alla fine non si capisce perché debbano essere necessariamente “buoni”💁🏼♀️
Sono propositi, insomma. Anche per Hitler il “Main Kampf” era un ottimo proposito per il 1925, però poi è morto suicida in un bunker sotto Berlino e sui libri di storia impariamo che sarebbe stato meglio se lo avessero ammesso all’Accademia delle belle arti di Vienna (forse non aveva manifestato nel modo giusto?).
Parto da una premessa fondamentale: MAI FATTI.
FIRST TIME raga, lo dico in modo del tutto sincero. Non so come si fanno e le ragazzine che, su TikTok, proponevano la creazione di moodboard per manifestare, mi hanno angosciato più di quelle volte in cui ho preso appuntamento dalla psicologa e poi non volevo andarci, perché sapevo che stavo cercando di evitare di affrontare qualcosa. A onor del vero: ci ho provato. Ho aperto Pinterest, ho cercato delle belle immagini evocative dei traguardi che vorrei raggiungere nel 2025
(foto del processo amïo, sennò verrai colta da una certa indolenza e non ti applicherai per raggiungere l’obiettivo! - scusa Eleonora wtf?),
le ho assemblate, le ho guardate per un paio di giorni di fila e poi ho cominciato a cringiarmi sempre di più. Mi sono sentita tipo un’aspirante aruspice, non so, ma non mi sembrava che tra la manifestazione tramite moodboard e la lettura delle interiora degli uccelli ci fosse tutta questa differenza.
Insomma, in una parola? CRINGE.
Anche se comprendo alla perfezione il linguaggio di TikTok e non mi devi spiegare cosa sono le disoneste, cos’è brat e cos’è demure, cosa significa flexare e tante altre cose di cui potrei anche essere un pochettino orgogliosa. Però tutto ha un limite, dai, becchiamoci insieme un po’ di sana scuola anni Novanta:
✨È inutile manifestare, se poi hai la voglia di agire di un bradipo che è appena finito sotto a una macchina.✨
E questo potrebbe un po’ corrispondere a quello che per me è stato il “Signora, non è che Ilaria non sia brava in matematica, è solo che non si applica!”. (A 25 anni ho scoperto di essere discalculica e no, signora maestra, urlarmi in faccia che sono tonta non mi ha fatto venire voglia di impegnarmi, vada a fare in culo lei e il suo abaco maledetto). Però no, in effetti non è la stessa cosa, perché qui nessuno ha frequentato Hogwarts e no Donatella, quando hai le brutte sensazioni non è perché qualcosa di orribile può succedere da un momento all’altro ma, più probabilmente, soffri di una grave forma d’ansia. Ma, appunto, io sono un po’ geriatrica per stare su TikTok, negli anni Novanta ti allevavano a pane e “te la devi cavare da solo” e il mio più grande esempio di vita è mio nonno, che aveva la forza di volontà più forte e incorruttibile che abbia mai conosciuto.
Potevo davvero credere al potere della manifestazione? No, dai.
Comunque, dicevamo: buoni propositi. Ne ho formulati un po’ per me e un po’ anche per le persone a cui voglio molto bene (ci tengo a precisare che “io” mi colloco tra le persone a cui voglio più bene in assoluto). Vorrei dire qualcosa di fatato, tipo 🧚🏼♂️✨quest’anno non permetterò a nessuno di spegnere la mia luce✨🧚🏼♂️ o anche 🧚🏼♂️✨nel 2025 brillerò insieme agli astri del firmamento🧚🏼♂️✨, ma la vita mi ha insegnato che il format giusto per me è “resisti, conquista e alla fine però rimani umile e assumiti sempre le tue responsabilità”. Squadra che vince non si cambia e io non me la sento di trasformarmi in una 💅🏼divah💅🏼 che crede di brillare come una stella (anche perché, prima o poi, le stelle collassano su se stesse, esplodono e magari si trasformano anche in buchi neri; io, ecco, vorrei fare una fine meno clamorosa di questa).
Quindi,
✍🏼 buoni propositi di Ilaria per Ilaria da un punto di vista pratico:
🍕 Prendermi più cura della mia pelle (di tutta la mia pelle, non solo di quella del viso).
🍕 Dire (molte) meno parolacce.
🍕 Smettere di rimandare a oltranza le cose che non ritengo importanti (perché poi rimangono lì a guardarmi per centocinquanta anni e so benissimo di essere immune al loro sguardo implorante e sofferente).
🍕 Smettere di scrollare la home di Instagram e la home di TikTok per riempire i miei spazi interstiziali (che si legge anche: portarmi sempre un libro in borsa, è tempo investito meglio📚).
🍕 Imparare a fare un po’ di contabilità domestica (non solo per le mie entrate e uscite).
🍕 Bere almeno 1,5l di acqua al giorno (e lo so che ti sembrerà strano, ma nemmeno ad Agosto con 40° all’ombra ho lo stimolo della sete).
🍕 Bere alcol solo nel fine settimana (poi oh, se capita il battesimo della nipotina non è che posso negare un brindisi alla sua salute).
✍🏼 Poi, buoni propositi di Ilaria per Ilaria con l’intento di creare sane abitudini mentali:
🥕 Cominciare a essere la mia fan numero 1 (mettendo a tacere quella sorta di Kapò che vive dentro di me tutte le volte che lo ritengo necessario). Anche perché, se aspetto il supporto degli altri, faccio prima a scrivere e a pubblicare tutti i libri che ha scritto e pubblicato la Rowling.
🥕 Smettere di mettermi in discussione nel momento in cui è chiaro e evidente che non sono io a creare i problemi.
🥕 Smettere di sostituirmi agli altri nella risoluzione dei loro affanni (tipo: perché devo fare terapia per me, per te o per un più o meno nutrito gruppo di persone? Vacci tu o andateci voi, magari a braccetto).
🥕 Accogliere le esperienze di chi ho attorno con una mente aperta e consapevole, soprattutto nel momento in cui si tratta di esperienze che appartengono al passato (sì, anche quando si parla di cose che mi fanno cascare le palle le braccia per terra).
🥕 Continuare a interrogarmi su me stessa e su come posso migliorare.
🥕 Godermi tutti gli eventi che sto vivendo e tutti quelli, bellissimi, che sto preparando per i mesi a venire (senza aver timore che arrivi un uragano/un maremoto/un accidente qualunque che mi costringa, ancora una volta, a raccogliere i cocci della mia esistenza).
🥕 Non essere così severa con me stessa se, qualche volta, l’unica cosa che ho voglia di fare è stare immersa nel silenzio, con Cindy in braccio, a perdermi nei miei pensieri.
✍🏼 Ancora buoni propositi di Ilaria per la realizzazione professionale di Ilaria:
💡 Scrivere, scrivere, scrivere, soprattutto quando non mi va di farlo (perché, allora, significa che sto dando retta a una vecchia paura: quella di non essere all’altezza).
💡 Leggere moltissimo, anche se mi stanno sanguinando gli occhi.
💡 Iniziare, entro Febbraio, a scrivere quella storia che ho in testa da quattro anni (e che, magari, potrebbe diventare un libro).
💡 Far fruttare veramente la mia Partita Iva, senza avere timore di rifiutare alcuni tipi di collaborazioni (che poi, puntualmente, mi portano all’esaurimento).
💡 Più in generale: saper dire di no.
💡 Imparare a fare personal branding (che non mi piace detto così), perché è impensabile che io, che amo raccontare storie, non riesca a creare un racconto sulla mia persona professionalmente avvincente (dovrei cominciare a presentarmi come “una che ha una newsletter”?).
💡 Essere per i miei (?) studenti l’assistente del professore di cui avrei avuto bisogno durante il periodo universitario (quindi che non sputa veleno, che non ti fa diventare matto perché, anni prima, qualcuno ha fatto diventare matto lui e via dicendo).
✍🏼 Inoltre, buoni propositi di Ilaria per le persone a cui Ilaria vuole molto bene:
💘 Tornare in Sardegna più spesso, perché il tempo che non passo con i miei genitori (tutti e tre) non me lo ridà indietro veramente nessuno.
💘 Imparare a comunicare ancora meglio con la/le persona/e che ho accanto (perché sì, dai, non posso dire di partire da una brutta situazione dal punto di vista comunicativo, mi sono sempre sforzata molto in tal senso).
💘 Essere presente (anche se distante fisicamente) nelle relazioni che coltivo da tutta la vita (e che, proprio per questo, non sono per niente scontate).
💘 Coltivare sempre e comunque la pazienza, la gentilezza e l’ascolto empatico perché sono, a mio avviso, le chiavi reali per far funzionare una relazione (qualsiasi tipo di relazione, anche quella che abbiamo con noi stessi).
💘 Continuare a raccontarmi la verità, anche quella più dolorosa (anche perché, se non lo faccio io per me stessa, nessuno lo farà).
💘 Supportare la/le persona/e che ho accanto in ogni situazione in cui mi sia richiesto senza, però, dimenticarmi dell’importanza della reciprocità.
Ecco, questi sono i buoni propositi che sono nati durante questi diciassette giorni: tra il sole della Sicilia e quello della Sardegna, tra un’intossicazione alimentare (pesante) e un Iris fritto, grande come la mia testa, alla parmigiana; tra una chiesa cristiana che è anche un tempio greco e un mare dall’acqua turchese; tra una riflessione sulla mia individualità e una consapevolezza sul fatto che non posso più tenere conto soltanto di me perché, ormai, vive e respira con me anche una parte di Pietro.
E, a proposito: per noi due il 2025 si prospetta essere un anno ricco di eventi, di promesse, di traguardi da raggiungere insieme, di viaggi dall’altra parte del mondo e di ricerca. Di ricerca di me, di ricerca di sé, di ricerca di noi. Di un noi più grande (o più piccolo, dipende da come la si vede).
📌Last things at last
Ci sarebbe, in verità, anche un ultimo proposito. Un proposito che ha a che vedere con questo progetto di Substack, con questo spazio che non è più mio, ma è anche vostro.
Vorrei riuscire a pubblicare tutti i venerdì.
(A partire, però, da venerdì 31, perché so per certo che la prossima settimana non avrò il tempo di sedermi al computer e scrivere la “newsletter”).
Ma non lo dico troppo a voce alta e non lo scrivo troppo forte perché, ecco… per me sta iniziando un periodo di grandi, grandissimi impegni e, molto probabilmente, non riuscirò sempre a dedicare alla scrittura di questa “newsletter” il tempo che le voglio dedicare. So che, detto così, sembra un voler mettere le mani avanti da parte mia, un volermi parare il culo il sedere perché, in fondo, so già che si tratta di un proposito difficile da realizzare con una cadenza così serrata (già, perché io impegno circa quattro/cinque giorni per scrivere una “newsletter” che mi soddisfi per davvero). Però, insomma, voglio provarci. Almeno tre “newsletter” al mese, che ne so.
Facciamo una cosa: alla fine del 2025 riprendiamo questa “newsletter” che stai leggendo adesso e facciamo un’umilisssssima disamina di tutti i propositi che sono riuscita a realizzare, di quelli work in progress e di quelli che, invece, mi sono persa per strada (spero di non perdermene troppi per strada, però). La volontà c’è tutta. Vediamo, poi, che cosa ne viene fuori.
🪄Intanto, carissimo tu, quest’anno possiamo fare un gioco insieme: riconoscere tutte le volte in cui la magia verrà a trovarmi e verrà a trovare anche te. Vedrai che, alla fine di questi trecentosessantacinque giorni, ti renderai conto di aver vissuto un anno molto più magico di quello che credi✨
Intanto, come sempre, se Lifetime Stories in the Making ti risuona, ti fa ridere un pochino, piangere un altro pochettino, (spero) ti fa riflettere in qualche modo, vuoi un corso accelerato su come imparare a credere nella magia, puoi scegliere di cliccare su questo accattivante bottone arancione e iscriverti💌
(A me sicuramente fa piacere♥️)